Dopo circa un cinquantennio che ha visto il prevalere dell'American way of life, alle soglie del nuovo millennio, nell'era di Maastricht e dell'Euro, si torna a celebrare l'Europa con rinnovato entusiasmo.
La "Casa comune europea" ritrova slancio e vigore, vuole riscoprire le sue radici e, insieme ad esse, un rinnovato bisogno di unità.
Questo è il segnale forte ed inequivoco che ci consegna l'Autore del libro "We Europeans", ultima edizione di numerose ristampe che ne hanno segnato un clamoroso successo.
Lo scopo del volume, che sceglie una chiave ironica e divertente per lavorare in realtà sulla diversità e il bisogno di unità dei diversi popoli, consiste nel fornire un'obiettiva valutazione dei temperamenti dei popoli europei, con particolare riguardo alle diverse e antiche radici culturali.
L'Autore ci introduce in questo quadro riportando, con la finalità di correggere alcuni dei più perniciosi stereotipi folcloristici del carattere nazionale, il più diffuso motto di spirito riguardante gli Europei: "il Paradiso è dove i poliziotti sono inglesi, i cuochi francesi, i meccanici tedeschi, gli amanti italiani ed è tutto organizzato dagli svizzeri. L'Inferno è dove i cuochi sono inglesi, i meccanici svizzeri ed è tutto organizzato dagli italiani".
Le argomentazioni del testo si fondano su una rivisitazione del percorso storico dei popoli europei, evidenziando i tratti caratteristici dei principali ceppi etnico-linguistici (latini, celti, anglosassoni e slavi) e sottolineando altresì in modo originale il sostanziale apporto della cultura araba alla formazione europea.
Hill si sofferma inoltre, con verve e garbo, sulla descrizione delle caratteristiche di ciascuno dei popoli europei.
Per esempio, egli afferma che l'"Italia ha una debole organizzazione statuale e, al contempo, una società frammentata in gruppi familiari, in cui le persone non identificano gli interessi nazionali con i loro propri. Ciò tuttavia non equivale a dire che essi non siano fieri di essere italiani, ma piuttosto il contrario".
Inoltre: "l'Italia batte la Francia per stile, e per cultura non è seconda a nessuno. Tuttavia, la situazione politica è devastante."
Interessante è anche lo sguardo sull'Est Europeo, dove particolare enfasi è data al progressivo assorbimento nel circuito europeo degli Easterners, ovvero dei cittadini residenti nell'Est europeo.
Il crollo del muro di Berlino ha infatti sfidato il concetto occidentale della Weltanshauung, che ha tenuto campo per oltre cinquant'anni.
Secondo l'Autore, dobbiamo ricordare a noi stessi che la nostra storia e la nostra cultura affondano le loro radici proprio nell'Est; se risaliamo alla preistoria, troviamo prove che i primi colonizzatori europei provenivano dal Sud ovest delle lontane terre euroasiatiche.
Nelle conclusioni, è indicato quello che Hill ritiene l'unico futuro possibile per l'Europa: l'Europa stessa. Creando l'unità dalla diversità e mettendo insieme, come i pezzi di un mosaico, le diverse culture.
Resta tuttavia l'interrogativo fondamentale: che tipo di Europa vogliamo?
Fino a quando non verrà definito l'"Uomo Globale", avremo a che fare con esseri umani che hanno bisogno di un senso di identità.
Il lirico suggerimento dell'Autore in relazione a tale impegnativo interrogativo è di preservare, intatta, l'essenza dell'Europa, un'inebriante miscela di culture che trascende le frontiere e non cessa di stupire e deliziare.
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